Book #18: Frida, una biografia di Frida Kahlo

Viva la Vida.

Chiunque oggi conosce Frida Kahlo. Forse, più che lei, conosce le sue sopracciglia. La fama di una così grande pittrice si destruttura in scherno per sopracciglia e baffetti non depilati, oppure si trasformata in apologia del femminismo becero, in cui l’emancipazione femminile passa anche attraverso l’odio verso l’estetista. Forse rimarrebbero delusi se sapessero che Frida non si depilasse il viso non per ragioni ideologiche, ma per far piacere al marito, Diego Rivera, che andava pazzo per questi suoi tratti mascolini. Frida è un’icona femminista, ma non per quello che spesso si sottolinea del suo personaggio: Frida è un’icona femminista perché nel suo stato ha sempre trovato la forza di rialzarsi e di lavorare sodo, rimanendo sempre fedele a se stessa; Frida è una femminista perché è la cantora del corpo femminile, delle sue gioie e dei suoi dolori.

Se solo però si cominciasse ad addentrarsi nella vita e nelle opere di Frida si comprenderebbe di quale grande icona del Novecento artistico stiamo parlando.

Io sono di parte. Anni fa andai a una mostra su di lei e ne rimasi incantata. Le sue opere, carnali (nel senso letterale del termine), sessuali, vive, mi attrassero con una forza archetipica verso di loro. Questo fa la pittura di Frida Kahlo secondo me, ti prende alla pancia. È ricca di dolore. È un inno a un corpo smembrato, un corpo femminile privato della sua funzione fondamentale: accogliere la vita. Di non poter avere figli, Frida soffrì terribilmente. Di non essere l’unica donna amata da quel panzón di Rivera, soffrì terribilmente. Frida era una creatura che viveva in un perenne stato di sofferenza, ma da questa condizione non si è mai lasciata completamente travolgere fino, ovviamente, all’ora fatale. La sua vita fu disseminata di incontri e amori celebri: amò Lev Trockij, Tina Modotti, Nicholas Muray (anche se il suo più grande amore rimase sempre Diego Rivera), odiò profondamente André Breton.

Vi consiglio questa biografia perché Frida Kahlo è una donna a mio avviso unica nel suo genere: brillante e anticonformista, magnetica nelle sue imperfezioni, ma anche tanto, tanto fragile e sola. Non è un modello da seguire, non è un’eroina d’altri tempi. Frida era semplicemente una donna. Da donna, vedere come si può trasformare se stesse in arte vivente, fiorire dal dolore, è veramente rassicurante e d’ispirazione. Una delle mie letture preferite del 2019.

Da questo libro è stato tratto il film del 2002 diretto da Julie Taymor, Frida, in cui a vestire i panni della pittrice è Salma Hayek; interpretazione che le valse una nomination agli Oscar.

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