Book #33: Orlando di Virginia Woolf

orlando, virginia woolf

Salve lettori,


Parto dicendo che io AMO Virginia Woolf. La amo e l’ho amata talmente tanto che ai tempi dell’università, durante una presentazione per lingua inglese, me ne uscii dicendo amabilmente “Personally, I think that who doesn’t like Virginia Woolf is an idiot!”, offendendo metà dei presenti. A distanza di anni, penso la stessa cosa, ma lo direi in toni meno aggressivi. La mia aggressività verso i pareri negativi sulla Woolf deriva dal fatto che secondo me si fa una lettura erronea dell’autrice che influenza negativamente la fruizione dell’opera, in quanto figura femminile complessa e fragile, o, per dirla alla popolana, “pazza da evitare” (la mia professoressa del liceo si rifiutò di spiegarla e la saltò a piè pari). In breve, si parte prevenuti. Ma se solo ci si soffermasse a leggere con attenzione i suoi lavori, ci si renderebbe conto della lucidità disarmante di questa donna, talmente lucida da non riuscire a sopravvivere all’insensatezza del mondo. Questa straordinaria lucidità l’ho ritrovata nuovamente in Orlando, quarta opera che leggo dell’autrice.

Pubblicato nel 1928, Orlando è una biografia fittizia che segue la vita, lunga più di quattro secoli, dell’omonimo protagonista, costruito sulla figura della poetassa Vita Sackville-West, amante della Woolf. Conosciamo Orlando come ragazzo amante della poesia e cortigiano di Elisabetta I nel Seicento. Dopo la morte della regina, si innamorerà disperatamente di Sasha, principessa russa che gli spezzerà il cuore, come farà il poetastro Nicholas Greene, che stroncherà il suo poema La quercia. In Turchia, dove Orlando scappa in veste di ambasciatore, cambia sesso dopo un lungo sonno che dura giorni, rimanendo però l’Orlando di sempre: stessa personalità, stesso intelletto, stesse belle gambe, che però ora, da donna, vanno tenute ben coperte per evitare capogiri a uomini rispettabili. Tornata a Londra, Orlando scardina le impalcature di genere: alterna livree maschili e femminili, così come alterna il sesso dei suoi amanti. Solo nell’era Vittoriana prenderà marito; ma questo marito è uomo o donna? Nel corso degli anni, Orlando conoscerà scrittori del calibro di Pope, Swift e Addison e riuscirà a pubblicare finalmente La quercia, che porta sempre nel petto, vicino al cuore. Finiamo il romanzo nella prima metà del Novecento, con un’ Orlando che freccia nella sua auto per sbrigare commissioni (un po’ alla Mrs Dallaway): la scrittura diventa nervosa come l’epoca. Tornata a casa, finalmente l’orologio rintocca la mezzanotte dell’ 11 ottobre 1928 (data di pubblicazione dell’opera).

Orlando conferma ulteriormente la genialità della Woolf: nell’Inghilterra che giudicava l’omosessualità maschile un reato (famosi i casi di Oscar Wilde e Alan Turing) e guardava al lesbismo con disprezzo (ma non prevedeva ritorsioni giudiziarie), il suo romanzo è uno smacco alla moralità dell’epoca e un manifesto del gender fluid (nel 1928 signori!). Orlando è Orlando, e la sua identità non dipende dal suo sesso: Orlando è uomo e donna insieme e non decide di amare a seconda del genere dell’altra persona; ama e basta.

Oltre alle tematiche di genere, sono presenti diverse riflessioni sulla letteratura: il pennivendolo Greene, che stronca La Quercia, non fa che riempirsi la bocca con quanto sia glorioso il passato e non il presente: riesce persino a criticare l’opera di Shakespeare, suo contemporaneo nel ‘600, per poi mitizzarlo nell’ ‘800 (anche Greene viaggia tra i secoli). Mi è piaciuta anche la dissacrazione di scrittori come Pope e Swift: grandi scrittori sì, ma omuncoli nel privato. Mi sembra una prospettiva molto alla Sputiamo su Hegel: il monologo culturale maschile viene da uomini che mancano di cuore e esperienze di vita: a questo Orlando preferisce i racconti delle prostitute.


Che viaggio incredibile questo romanzo! Ve lo consiglio se amate la letteratura inglese e vi interessano le tematiche LGBT. Il mio romanzo preferito della Woolf però rimane comunque Mrs Dalloway. Qual è il vostro?

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